Antologia Critica
Giacinto Spagnoletti
Presentazione del volume “La bambina e la rivoluzione” – Ed. Rebellato 1971
Avevo giurato a me stesso di non fare più prefazioni a libri di poesia. Motivi di stanchezza? Forse. Per quasi vent’anni, dall’inizio della mia giovinezza, come molti amici ricordano, mi sono accanito in suggerimenti, in letture e interpretazioni di poeti contemporanei, in lavori antologici… e giunge il momento in cui ci si accorge che ad ogni stagione della propria vita corrisponde un centro di interessi destinato a mutarsi nella stagione successiva. Oltre a questi motivi di carattere personale, non ne mancano altri di ordine generale. Non c’è bisogno credo, di uno speciale radar per accorgersi che ogni tentativo di intromissione, di presentazione o di avallo a chi pubblica versi diventa oggi sempre più vano di fronte all’offensiva della pubblicità diretta, e questa a sua volta viene soffocata dall’attacco dei mezzi audio-visivi capaci di stroncare il tradizionale rapporto istituito dal poeta col lettore da persona a persona.
Se dunque adesso mi provo a parlare del libro di Tonino Gottarelli – il cui titolo sembra riassumere il tema di fondo di uno dei capolavori di Bernanos, Les grands cimétières sous la lune – è perché fin dal 1961, cioè da quando presentai per lo stesso editore la raccolta “Ieri e oggi”, mi sembrò di aver fatto una scommessa sul futuro del poeta. “Il suo genere indisciplinato – scrivevo allora – quell’impressionismo del tutto gratuito su cui si è fermato per tanti anni, forse è finito. In sede percettiva il poeta sarà ugualmente felice, in fatto di comunicazione più risentito, umoroso, colorito”. E aggiungevo: “Egli, siamo certi, ci racconterà attraverso le immagini delle storie, verrà avanti non solo con la sua sensualità, ma con la sua penetrazione psicologica”.
Non avevo indovinato il contenuto di queste “storie”, né potevo sporgermi allora sul versante anarchico-ribellista, dove si è accampata la nuova parola di Gottarelli. Una raccolta intermedia, La botte di Diogene, già fissa un topos sicuro, “la botte”, come un incantesimo dal quale far sgorgare la scoperta del mondo e la sua verifica (“può sfuggirmi il perché della vita – ma non la lingua dei grilli”). Nelle zone delle percezioni, Gottarelli fa dei passi avanti per superare il suo radicale impressionismo, il piacere di godere la sacralità della natura dalla nascita alla morte di ogni pur minimo abitante del mondo, di cogliere la gestazione delle albe e dei tramonti, di calarsi nel cuore degli elementi. E come? Fiutando, mordendo, saltando nella botte, uscendo fuori metaforicamente dalle sue prospettive sintoniche, reinterpretando a modo suo lo spazio visivo, azzardando in questi collages poetici, molto simili a quelli messi in atto nella sua tecnica pittorica, l’ipotesi di un attrito sarcastico fra l’istinto di vedere e quello di capire: una specie di giuoco pluridimensionale eccitante ed eccitato dove il fatto formale non è più fine a se stesso e implica dei “divieti” come delle verità da appurare, nell’ambito della coscienza. (…)
__________________________________
Giorgio Ruggeri
“Sogni, rimembranze e foglie morte nei quadri di Tonino Gottarelli” - Catalogo mostra Galleria “Casa dell’Arte” (Sasso Marconi) - 1984
Tonino è un'anguilla innamorata. L'osservi filare sognante e solitario nella luce che fa specchio e si rifrange, ma non pensare di poterlo afferrare onde mettergli addosso un'etichetta. Quale? Pittore, Poeta, Filosofo, Sognatore, Forbito Dialettico? Se cerchi il pittore ti trovi fra i piedi il poeta; se insegui il filosofo scopri il dottor sottile; se ascolti il sognatore avverti la presenza di un perenne innamorato non sai se della natura o delle celesti creature che abitano il pianeta. Adesso è però gioco forza incastrare il pittore, soltanto il pittore, e vedercela fra noi.
Lo inseguo da molti anni e sempre mi ha incantato la sua costante disposizione a saper guardare le cose con l'occhio del poeta. La linea grigia o azzurra all'orizzonte l'esempio è suo gli sembra un divieto oltre il quale solo a lui è dato di guardare, e quella linea come non accorgersene? - corre sulla tela con tenerezza infinita. Lui stesso dice di andar perfezionando il suo destino salvando foglie e fiori veri, dimenticati nel fondo dei fossi o dei cassetti, per incollarli nei collages o dipingerli sulla tela.
I paesaggi, le marine, le dolci colline della sua Romagna, i fiori, le foglie morte, ogni suo intervento grafico o pittorico porta il segno inconfondibile di una limpida personalità. Estraneo ad ogni tendenza vecchia o nuova, il solitario pittore imolese sembra voler seguire soltanto i suoi sogni, i suoi abbandoni, gli uni e gli altri traboccanti dal fondo di una esistenziale malinconia. Talvolta, è vero, indulge a concessioni letterarie; più spesso si rivela invece, con autorità, pittore dal segno elegante, di buona educazione figurativa, anche impaziente nella sintesi del gesto espressivo; padrone di una tecnica esercitata. (…)
___________________________________
Efrem Tavoni
Mostra di Tonino Gottarelli – Galleria La casa dell’Arte – Sasso Marconi (Bologna) - 1985
(…) Tonino Gottarelli è un nome caro alle genti di Romagna, la sua terra; anche se gli va un po' stretta perchè come artista e poeta si considera cittadino del mondo.
I suoi quadri nascono da un costante stato di grazia che sembra connaturato al suo animo gentile. Non distraetevi nel guardarli: scoprirete facilmente il sottile lirismo di questo poeta della penna e del pennello, restandone subito affascinati. Non stupitevi se il nome dell'artista non è risonante. Il nostro paese, per fortuna, riserba sempre sorprese. Esistono ancora pittori che operano in silenzio, lontano dal clamore delle mode e della pubblicità, seriamente impegnati nella ricerca di una loro e nostra verità poetica.
__________________________________
Alessandro Mozzambani
Presentazione Quaderni “Artisti Italiani d’oggi” Nr. 500 – Ed. Ghelfi - 1988
Nel caso del pittore imolese Tonino Gottarelli rimane evidente il cuneo di sostegno (e di perforamento) del poeta contemporaneo che alberga nel pittore finché il pittore vive insieme al poeta. Ci avverte infatti Giorgio Ruggeri – in un bel testo intitolato Se il poeta scopre il colore della rosa – che nel caso di Gottarelli “il poeta e il pittore si pongono a tali punti di equidistanza da non riuscire a capire chi prevalga; non si riesce a stabilire se sia un poeta che dipinge o un pittore che scrive versi”.
Ma Gottarelli supera da par suo, con noncuranza quasi, il problema nella sua “impasse” dialettica, e lo fa proponendoci quadri dipinti, o altrettanto “scritti” con l’efficace disinvoltura di un segno che traccia confini al quadro, nel contempo allargando la sua capacità di inglobare lo spazio dipinto nella fisica rispondenza di quel disegnare calligrafico e altresì somatico. Non servono allora perizie grafologiche, ma una serie di aderenze, di simpatie, di accensioni di curiosità: quando il segno regge lo spazio dell’immagine, o quando, invece, il quadro appena accennato o fisicamente definito, celebra lo scatto del polso che così meraviglia la sua improvvisazione (che, però, nel primo piano diventa elemento fondamentale e che domina, ben oltre le intenzioni, il messaggio visivo, la sua dolce violenza didascalica, la sua fragranza: che invitano al minimo avvertimento, alla celia accennata ma dall’evidenza della metafora solenne). A quel punto la tentazione verso il poeta, o d’altro canto dalla parte opposta del pittore, non ha più ragione d’essere in quanto la pittura sa dare ad ambedue nella sua proprietà immensa la parte di primato e di conseguente amalgama successivo, e determinante alla pari del massimo, adesso, dei risultati e delle risultanze sia critiche che emotive o espressive. (…)
________________________________
Franco Basile
“Vista Grande” - presentazione catalogo mostra Galleria Forni - Bologna – 1994
Nell'opera di Gottarelli permane, tra parola e immagine dipinta, una comune radice, quasi un lirico 1etrisme che si avviluppa al colore per dare misura ai granelli usciti dalla macina del tempo. Scrivere e dipingere, raccontare le cose come in una favola raccolta per strada e spingere l'occhio in un mare senza orizzonti, lontano, ben oltre il dato fisico per vivere una poesia che è un'ubriacatura tra brani di lettere e schegge di tavolozza, per comporre un dipinto che è l'estratto di un sogno dove le linee e i valori cromatici sono elementi che parlano con gli accenti della scoperta, liberati come sono da ogni funzione illustrativa. E se l'artista si sente bloccato da antinomie che paiono insuperabili, se il riverbero di un remoto accordo non basta per rendere esplicita un'annotazione sentimentale, ecco la magia del dato elegiaco, sia esso una risultante segnica o un'accezione cromatica. Per cui non resta che la semplicità di una parola qualsiasi da applicare alla tela, non resta che toccare le corde dell'espressività per collocare in uno spazio aprospettico quei granelli che nella composizione si fanno parvenze di nuove realtà. Come alludere a una fatalità poetica nella individuazione di una componente aggiuntiva da traslare in una accesa compagine coloristica, come svolgere un'azione per certi aspetti riconducibile alla veemenza cromatica di Secam o all'inquietudine di un De Kooning, laddove il tratteggio denuncia la volontà di non indulgere nei dettagli e nella specificità.
Paesaggi non risolti, che non propongono una definizione del reale, visioni d'atelier, fiori e nature morte simili a cifre di enigmi palpabili e che diventano attrazioni private di un mondo altrettanto privato. Tutto è motivo di analisi e di meraviglia per Gottarelli che da una bava di vento, come da un'ombra, sa trarre motivi da trascrivere coi toni dell'incanto. La vita srotola un infinito tappeto di albe e di tramonti, il tempo corre come un treno senza freni. (…)
_______________________________
Vittorio Sgarbi“Dare una mano al sole” - Presentazione catalogo “La poesia si fa immagine” Pinacoteca Comunale Imola - 2000
“Dare una mano al sole”. È questo il ruolo nel quale Tonino Gottarelli, poeta con le parole e con i pennelli, riconosce la propria identità di pittore, individuando in essa il senso più autentico della propria arte. Un ruolo che, per chi non conosce Gottarelli, potrebbe sembrare di ambizioni titaniche, da novello Prometeo dei nostri giorni. E’ invece una cotidiana oratio di francescana umiltà, una filosofia non dei cieli, ma della terra e per la terra che è strettamente imparentata col più umano dei sentimenti della natura.
Dare una mano al sole significa, nel linguaggio dolce e suggestivo di Gottarelli, “togliere le cose dal buio”, guardare oltre quanto ci concede la vista fisica, cercare in profondità la loro sostanza sotto l’aspetto più esteriore. Dare una mano al sole significa guardare con gli occhi dell’anima. Sono ormai cinquant’anni che Gottarelli guarda e dipinge con gli occhi dell’anima, facendo di questa esperienza un motivo di vitale necessità non solo per la propria arte, ma anche per la propria esistenza. Non ha bisogno Gottarelli, di guardare Caspar Friedrich per concentrare la propria riflessione sulla natura, allo stesso tempo esistenziale ed estetica. Non ha bisogno dello shock emotivo che genera la cognizione del sublime per interrogarsi sui massimi sistemi.
La natura di Gottarelli, così apparentemente semplice, così comune nella sua omologazione alla semiologia della civiltà moderna (i cartelli stradali, i pali della luce che campeggiano in tanti dipinti dell’artista), così lontana da qualsiasi ragione di inquietudine, sembrerebbe definire quasi una dimensione dell’anti-sublime rispetto a quella dei paesaggisti romantici. Ma sarebbe una contrapposizione, questa fra sublime e anti-sublime, che rischierebbe di creare fratture fra Gottarelli e i suoi teorici precedenti. (…)
________________________________
Alberto Bretoni
“Gottarelli scrittore”- presentazione catalogo “La poesia si fa immagine” Pinacoteca Comunale Imola – 2000
... Chi è Gottarelli scrittore? (...) È un artista colto e formato anche sul piano accademico. La sua è una scrittura che usa il linguaggio in un modo che ha ancora le tensioni, qualche volta le esagerazioni, la messa a nudo di un cuore, ma che tende già a forme più ordinate, mira a dare e costruire delle prospettive, ed a porre in rapporto un’individualità sensibile, che sente, percepisce e si lascia, come una lastra fotografica, impressionare dal fenomeno del mondo. Dentro questa nuova prosa, tesa, nervosa e rapida si colloca la scrittura di Gottarelli. Certamente in Gottarelli, c’è questa capacità, questa dinamica, da una parte di movimento impressionistico di registrare ciò che appare nell’istante, nel momento che è fuori di noi, nella realtà; e dall’altra c'è una tensione opposta, di gusto espressionistico, quella di far parlare il particolare. È la capacità di tenere in equilibrio e di rendere espressiva questa tensione fra gli opposti, che è all’apparenza una contraddizione nei veri artisti, è una qualità nuovamente dinamica. E la sua scrittura di Gottarelli va proprio in questa direzione. (...) Ciò significa che Gottarelli è uno scrittore che non aveva sulla pagina delle certezze su cosa dire e come dire, ma è uno scrittore che si apre alla possibilità anche istintiva, purché quest’istinto inquadri una visione della realtà, incornici una presa di posizione consapevole sulla realtà e della realtà. (…)
____________________________________
Marilena Pasquali“Respiri di poesia” - presentazione catalogo “Respiri di poesia” Galleria d’Arte Comunale Cesena - 2005
Ogni volta che mi trovo davanti ad un’opera di Tonino Gottarelli provo una impressione immediata di pacatezza serena che vale in quanto accettazione consapevole della vita, comunque bella anche se irta e difficile come una corsa ad ostacoli. Anzi, i dipinti dell’artista romagnolo aiutano a comprendere come sia possibile gustare appieno la vita senza dover forzatamente partecipare a questa corsa quasi sempre spietata, per ritagliarsi piuttosto una propria nicchia di riflessione e di saggezza che non esclude a priori il dialogo con gli altri ma che esige rapporti autentici, relazioni profonde, incontri veri.
Il terreno di incontro con Tonino è quello della poesia, da lui tradotta ora in immagini ed ora in parole, sempre per brevi respiri sull’orlo del silenzio.
Le sue strade che si perdono nell’altrove, dietro l’orizzonte di una curva; i suoi fiori concentrati nella levità di un petalo; le sue carte intrise di colore che sembrano sollevarsi l’una dall’altra per lasciare a poco a poco traguardare qualche briciola di un diverso, più profondo reale; certi appunti tracciati con mano leggera sul corpo stesso della tela, segno che sottolinea la magia del colore e pare volerla trattenere mentre tutto va sfumando nella luce: tutto nell’opera di Tonino racconta della sua ormai lunga “convivenza con la vita” che trova nelle pieghe più segrete del quotidiano -i semplici, quasi sparuti oggetti d’atelier, i paesaggi ricreati nella memoria, un mazzo di fiori che lentamente sfiorisce toccato da un ultimo raggio di sole- la sua giustificazione espressiva, la sua ragion poetica. (…)
___________________________________
Claudio Spadoni
“Gottarelli: La visione-emozione” - presentazione catalogo “Il colore dell’anima” Museo San Domenico Imola - 2017
“Per me è più facile dipingere che scrivere, ed un'emozione preferisco di regola renderla attraverso la pittura. Dipingo con estrema immediatezza, e potrei paragonarmi a quegli scrittori capaci di scrivere cinquanta pagine in due o tre ore, senza mai interrompersi.” Sono già enunciati, in queste parole di Gottarelli in risposta a una domanda di Paolo Levi, alcuni caratteri fondamentali della sua pittura. (…) Detto in breve, un'emozione da trascrivere per immagini, colori, forme, con l'immediatezza, la spontaneità, la rapidità del gesto pittorico, della pennellata che scorre, indugia per un attimo, sfiora la superficie come sospinta da una folata di vento, o si addensa fissandosi sulla tela o sul foglio. (…)
Per cogliere la sola realtà possibile, quella della superficie, appunto: “una sorta di velo privo di profondità”, come scriveva lo stesso Gottarelli, secondo quello che chiamava “il punto di vista”. E diciamo subito, il punto di vista di un filosofo e insieme di un bambino. Perché in Gottarelli le due figure quasi paradossalmente fanno tutt'uno. In questo sta l'originalità dell'artista e dell'uomo, sicuramente al di fuori delle convenzioni, delle regole del gioco soprattutto di questo nostro tempo. Poteva parlare di Nietsche, Groddeck, Reich, e insieme affermare con molto candore d'essere un pittore che voleva solo essere pittore, con l'obiettivo di fare semplicemente dei bei quadri, non dettare dei paradigni estetici. Un'affermazione all'apparenza quasi disarmante, che amava ricordare; ma presa da Kandinsky e certo con la consapevolezza che in bocca ad un pittore-teorico come il russo aveva tutta l'aria di un ossimoro. Uno dei tanti ossimori su cui ha fondato buona parte della propria storia l'arte contemporanea. Gottarelli diceva di non andare oltre la superficie delle cose, che poi sarebbe a dire, sostanzialmente il paesaggio o la natura morta, poiché la sua pittura è per lunghi tratti quasi svuotata della figura umana, salvo qualche rara apparizione. (…)
Altre volte pittura e collage si spartiscono porzioni di spazio con un sorprendente risultato di osmosi, o finendo per rimarcare invece un rapporto fra diverse qualità materiche. Da scandagliare, scoprire, come tutta la pittura di Gottarelli, quali momenti di una visione-emozione ricercati e vissuti ogni giorno con incorrotta sincerità e filosofico candore.